Il disturbo ossessivo compulsivo (conosciuto anche come DOC o OCD in inglese), secondo la classificazione del DSM-IV TR, è un disturbo d’ansia caratterizzato dalla presenza di ossessioni e compulsioni.

È un disturbo che, di solito, si presenta nell’infanzia ma anche nell’età adulta, nonostante il picco massimo si ha tra i 15 e i 25 anni.

Il 2-2,5% della popolazione viene colpita, in pratica su 100 neonati, 2 o 3 nell’arco della propria vita saranno soggetti a questo disturbo.

In Italia, sono circa 800.000 le persone colpite da disturbo ossessivo compulsivo

È un disturbo cronico, anche se con fasi alternanti di miglioramento e di peggioramento, ma spesso  si aggrava fino a condizionare il funzionamento in diverse aree della propria vita. E’ difficile trovare dei casi in cui il disturbo sia regredito totalmente fino a scomparire.

Il soggetto si sente spesso obbligato ad agire o pensare nel modo sintomatico e per questo cerca di contrapporsi e di resistere. Nonostante cerchi di contrastare e nascondere le sue azioni, questo sforzo non lo aiuta affatto a modificare il proprio comportamento.

Sintomi del Disturbo Ossessivo Compulsivo

Il sintomo principale del DOC è la presenza di ossessioni e compulsioni che occupano più di un ora della propria giornata ed ostacolano le normali attività quotidiane (lavoro, studio, vita sentimentale, cura della casa o dell’igiene ecc…).

Il disturbo è riconosciuto solo se la presenza di ossessioni e compulsioni comporta una sofferenza marcata che compromette il normale funzionamento sociale e lavorativo del soggetto e se non è meglio giustificata da altri disturbi d’ansia o da malattie psichiatriche dovute a condizioni mediche generali.

Caratteristiche centrali del disturbo sono:

  1. la ripetitività, la frequenza e la persistenza della attività ossessiva;
  2. la sensazione che tale attività sia imposta e compulsiva.

Le ossessioni sono idee, pensieri, impulsi o immagini che nascono improvvisamente nella mente e che vengono percepiti come indipendenti da altri pensieri, che creano disagio e che sono privi di senso.

Le compulsioni, ovvero azioni della mente e del comportamento che appaiono in risposta alle ossessioni, rappresentano un tentativo di soluzione; di solito sono seguite da un senso sollievo dal disagio causato dalle ossessioni, seppure un sollievo solo temporaneo.


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Abbiamo già parlato diverse volte di disturbi comportamentali in termini di compulsione da gioco d’azzardo, comportamenti che creano vere e proprie dipendenze.

Purtroppo la tecnologia, utile per molti aspetti della nostra attuale vita, crea anche terreno fertile per nuove forme di dipendenza. Basti pensare a tutte quelle forme di gioco d’azzardo, come ad esempio il poker online, che dalla realtà dei bar e delle sale da gioco, è ormai spostata anche molto nella vita virtuale.

Sono moltissime quelle persone che, magari anche con identità fittizie, si accingono a passare le loro ore quotidiane su apposite app di:

Annoverate tra le app di svago/intrattenimento, sicuramente la più utilizzata di recente è la famosissima Tik Tok.

Si tratta di un app estremamente versatile, partita come social network adesso è utilizzatissima anche da veri  e propri professionisti. Dai tik tok (è così che vengono chiamati i mini video realizzati e pubblicati) di personaggi famosi come cantanti e vip vari, si arriva anche, e soprattutto, alla gente comune che pubblica stralci di vita reale.

Ma in tutto questo cosa c’entrano le forme di dipendenza? Si stima che un’altissima percentuale di fruitori di quest’app (come di altre app similari) non riesca a limitarne l’utilizzo. Una volta eseguito l’accesso all’app, a detta di molti utenti, è difficile staccarsene.

Questo perché accade?

Si crede sia  probabile che il continuo scorrere dei cosiddetti reels (15 secondi di video) da utenti sempre differenti, intervallati anche dalle dirette degli stessi, crei appunto dipendenza. Proprio perché “uno tira l’altro” come succede nel disturbo ossessivo compulsivo che sta infatti anche alla base della ludopatia. Terminato di vederne uno, il cervello vuole vedere il seguente (compulsione) come accade nei cervelli di chi soffre di ossessioni seguite da compulsioni.

Stare al balcone ad osservare i nostri simili non da più gusto?

Evidentemente, fuori dall’ironia, è probabile che- insito nella natura umana- ci sia la morbosa curiosità di farsi i fatti degli altri, e questa è senza dubbio una componente di attrazione date da questo genere di applicazioni. Una seconda componente è il lancio di nuove mode, come titolano infatti varie testate, quella più attuale è la “moda” di parlare in corsivo. Si tratta di un fenomeno partito come sketch ironico, che ultimamente .. spopola nel mondo virtuale.

 

 

Abbiamo affrontato le tematiche di angoscia e depressione legate al momento sociale che stiamo vivendo a causa dell’epidemia da Covid19. Oggi ci vogliamo focalizzare sui pensieri, quelli ossessivi:

Quando rischiano di diventare una vera e propria patologia?

Abbiamo spiegato che non sempre un sintomo come il riscontro di pensieri ossessivi ricorrenti può essere per forza collegato ad una patologia come ad esempio quella della sindrome ossessivo compulsiva; a volte può trattarsi di un periodo particolare che la persona sta vivendo e che magari, con il giusto aiuto, può risolversi nel breve. Ma cosa accade se alla lunga questi pensieri ossessivi prendono la meglio e, soprattutto: che cosa sono?

Nella sindrome ossessiva questi pensieri sono spesso negativi e associati alla:

paura di ammalarsi

paura di morire

paura di contaminarsi

paura di commettere uccisioni

e via dicendo. Questo momento storico sembra davvero racchiudere l’insieme di tutti questi sintomi che però, ricordiamolo, non possono nascere dal nulla. La sindrome ossessivo compulsiva nasce da lontano, spesso da un trauma subito. Se questo trauma però, magari latente, riesce a riemergere a causa di un evento scatenante, allora potrebbe facilmente dar luogo ad una seria patologia. L’epidemia in corso e le situazioni correlate come quelle del confinamento, sono senza dubbio un asset servito a favore dello scatenarsi di un disturbo. Spesso il trauma che sta alla radice del disturbo ossessivo compulsivo è il vissuto di un abuso di vario genere:

Attraverso dei rituali (compulsioni) il paziente espia il peso delle sue ossessioni, ad esempio:

Alcuni di questi accenni clinici somigliano molto ai comportamenti sconsiderati che spesso le persone assumono da qualche mese a questa parte. Ecco che allora nascono campanelli d’allarme. E’ corretto seguire igiene e prevenzione ma attenzione a non oltrepassare la linea di confine della normalità e del senso logico.

La pulizia e l’igiene personale devono essere curate, soprattutto durante un’epidemia, in maniera equilibrata senza esagerazioni di sorta. (Abusare di detergenti chimici potrebbe anche causare seri danni alla pelle). Non ultimo, è importante mantenere una buona igiene mentale e psicologica: non siate tra coloro che abusano della lettura di notizie negative che non servono a far rinascere l’uomo e la società.

 

Breve elenco di condizioni aumentate nell’era post Covid:

disturbi legati all’ansia

suicidi

sindromi ossessivo compulsive

divorzi

depressioni

angoscia ed attacchi di panico

Cosa sta succedendo?

Accade che siamo cambiati, siamo diversi, probabilmente peggiorati. Le ansie sono aumentate, gli attacchi di panico anche e sfociano spesso in un’angoscia patologica. Si dice che le malattie, anche quelle psichiche, se correttamente analizzate, possono risultare un mezzo per  conoscersi meglio. Il problema però adesso è il loro superamento. Molte persone non erano abituate a vivere con certi disturbi, alcune si ritrovano fardelli psicologici che mai prima d’ora avevano sperimentato. Di contro e quasi paradossalmente invece, persone affette da tempo da gravi disturbi d’ansia, sono migliorate o parzialmente guarite. Non è un dato generalizzato, è chiaro, ma abbastanza diffuso.

Ma occupiamoci ora di chi brancola nel buio.

Senza sminuire il concetto di paura dove l’oggetto è ben definito e determinato, si può dire che oggi viviamo in una fase di incertezza e indeterminazione in cui prevale il sentimento dell’angoscia. Nel sentimento d’angoscia l’oggetto non è affatto determinato, non se ne identificano tratti e confini. In chi ne soffre, anche accanto al disturbo ossessivo compulsivo sempre più diffuso, vengono messi in discussione:

schemi difensivi

limiti

sicurezze

credenze

Non si riesce più a distinguere il bianco dal nero, l’amico dal nemico, perché questo virus si infila ovunque in modo invisibile, generando terrore. Anche il nostro famigliare o il nostro più caro amico può esserne il tramite e questo scombina radicalmente l’ordine dei sentimenti. Nelle fasi più gravi dell’epidemia (e spesso ancora adesso) la paura del nemico è riuscita ad intaccare ogni tipo di sicurezza emotiva. Si sono rafforzate barriere interiori più o meno sane. Senso di minaccia e paura dell’altro sono stati i leitmotiv di questi tempi, ma se paura dell’intrusione e paura del contagio hanno portato molte persone a confinarsi in se stesse, va da se che esiste terreno fertile per disturbi d’ansia veramente rilevanti. Chi ne soffriva da prima invece, ha visto crearsi intorno uno scenario dove le sue personali fobie venivano concretizzate all’esterno e rese addirittura collettive. Incredibilmente tutto ad un tratto la comunità ha provato i disturbi con cui egli è abituato a vivere. Ricordiamoci che rendere reale la malattia mentale significa darle un volto ed esserne meno vittime.

“La salvezza o è una salvezza collettiva oppure è una salvezza impossibile”. (cit M.Recalcati)

 

Fobia sociale: la componente psicologica con la quale convivere

Da alcuni mesi a questa parte, soprattutto in seguito alla fase del Lockdown teso a marginare la diffusione del Covid19, viviamo in una società profondamente cambiata, radicalmente trasformata.

Le persone intorno a noi sono diverse rispetto a prima, più vulnerabili e insicure. Questi i primi aspetti che appaiono in superficie, aspetti che però sono già noti alla maggioranza di noi. Ma andiamo in profondità e cerchiamo di capire cosa stia realmente accadendo.

Cosa si intende per fobia sociale?

Se partiamo dall’etimologia del termine fobia troviamo alcuni sinonimi associati ad esso che ben rendono l’idea di ciò che molte persone stanno sperimentando, ovvero:

questi sentimenti (palesemente negativi) sono relativi a cose e persone: le persone perché si teme possano essere potenzialmente infette e le cose (oggetti, maniglie, parti comuni ecc.), anche. Partendo da questi presupposti è chiaro come il contesto sociale attuale rischi di divenire terreno fertile per particolari disturbi nevrotici, quali ad esempio il disturbo ossessivo compulsivo o il disturbo post traumatico da stress.

Lo stress emotivo frutto di questi mesi è provocato infatti da un vero e proprio trauma. Nello specifico infatti:

vengono vissuti come tale.

Non è raro inoltre che ansia e panico sfocino rapidamente in agorafobia. Si crea quindi un circolo vizioso di causa ed effetto che porta i primi attacchi di ansia e panico a svilupparsi in uno stato d’ansia perenne e permanente. Interessante vedere come questi mesi abbiano creato due spettri particolari di angoscia:

due paure apparentemente opposte che sono lati della stessa medaglia. Alcune persone sperimentano entrambe le emozioni citate, in altri casi invece si sperimenta una sola delle due. Non è sano vivere con queste paure! Una vita sana, al contrario, è fatta di:

Un percorso di psicoterapia potrebbe essere un’ottima occasione per aiutarsi ad affrontare non soltanto questa selva impervia di periodo post-Covid19, ma la selva ancor più complessa e gloriosa della propria esistenza.

come curare l’ansia Milano

Mi sembra inutile in questa sede fare il lungo elenco dei diversi disturbi d’ansia, delle varie forme d’angoscia, delle numerose fobie che la nomenclatura clinica ha classificato e descritto, poiché poco importa a chi sta male che l’ansia che non lo fa vivere appartenga al disturbo ossessivo-compulsivo, o al disturbo d’ansia generalizzato, o sia una compagna della sua cronica depressione. Ciò che conta è come fare ad uscirne, e allora la domanda che sorge spontanea è come fare ad orientarsi e scegliere tra le numerose proposte delle varie scuole ed indirizzi, in altre parole:

Quali sono le terapie più indicate per curare i disturbi d’ansia ?


Personalmente ritengo che non esistano terapie migliori di altre quando si tratta di disturbi psicologici, ma che ci sia per ogni particolare paziente una terapia d’elezione, più adeguata di altre alla sua personalità ed ai suoi interessi. L’ansia patologica, in qualunque forma si presenti, è in ogni caso il sintomo di un disagio profondo e sconosciuto, e sta al paziente stesso scegliere se affrontare la sua sofferenza con le tecniche della psicoterapia cognitivo-comportamentale, della psicoterapia dinamica, dell’ipnosi, o del traning-autogeno e le varie tecniche di rilassamento.

La medesima terapia può dare risultati del tutto diversi in individui diversi, ci sono individui che hanno una maggiore facilità e consonanza a lavorare con tecniche di ristrutturazione mentale, quali quelle della terapia cognitiva, altri che invece sono più inclini ad usare un linguaggio fatto di simboli e immaginazione, quale quello della psicoterapia dinamica, altri ancora hanno bisogno di un maggiore coinvolgimento corporeo per riuscire a entrare in contatto e alleviare la propria sofferenza.

In ogni caso poiché i disturbi d’ansia, come tutti i disturbi psicologici, nascono all’interno di una relazione, sarà solo tramite una relazione che potranno trovare una soluzione, è perciò fondamentale lo stabilirsi di un’efficace alleanza terapeutica tra paziente e terapeuta, qualunque sia la griglia di lettura teorica del terapeuta.

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Angela
Gentile dott.sa Mia madre soffre da un po’ di tempo di disturbo ossessivo-compulsivo e si trova anche ino stato di forte depressione e ansia ; è in cura da uno psichiatra che le ha prescritto il solian da 400mg ma non abbiamo visto nessun miglioramento anzi si trova in uno stato depressivo che sembra essere assente tutto il giorno nonostante ha sempre un ritornello di voci in testa. Può aiutarmi dandomi qualche consiglio su quale farmaco da utilizzare che non faccia parte del piano terapeutico, perché i farmaci appartenenti al piano terapeutico sembrano essere troppo forti per lei in quanto le aumentano lo stato depressivo infatti usando il risperdal non ha avuti miglioramenti anzi è stata la principale causa delle depressione perché prima di assumere questo farmaco, anche se aveva il ritornello di voci, non era depressa .Grazie infinite in anticipo per il prezioso supporto.
Cordiali saluti

RISPOSTA DELLA DOTT.SSA GRAZIOLI
Cara Angela , mi dispiace molto non poterti essere utile , ma io sono una psicoterapeuta non di formazione medica, non ho perciò alcuna competenza in ambito farmacologico.Se hai dubbi circa la terapia che la tua mamma sta seguendo , devi chiedere il parere di altri psichiatri .Ti faccio tanti auguri.
Dott. Daniela Grazioli


Ubaldo
Gentile Dottoressa, sono un ragazzo di quasi 35 anni e mi trovo da tempo ha fare scelte nella mia vita in funzione delle paure che ho. La prima paura è quella di rimanere solo nella vita senza riuscire a costruire un amore e una famiglia. Sono stato fidanzato con molte ragazze e sono stato innamorato di tutte, ma con tutte, nel momento in cui si poteva concretizzare il rapporto (andare a vivere insieme), in esso è avvenuto un accadimento che l’ha fatto terminare. Tutte queste delusioni mi hanno reso triste e fragile rendendomi più convito che ormai a 35 anni è veramente dura. Grazie a tutto questo, ora sono fidanzato con una ragazza che purtroppo non amo, ma con cui posso avere un matrimonio. Infatti nella mia testa c’è una parolina ricorrente che dice:” Ubaldo sei vecchio, o ti accontenti o rimarrai solo”.E’ giusto scendere a questi compromessi che mi fanno star comunque male per realizzare il sogno della mia vita? Cosa devo fare? Mi dia per favore un aiuto. Cordiali saluti Ubaldo Enrico

RISPOSTA DELLA DOTT.SSA GRAZIOLI
Gentil Signor Ubaldo,
mi scrive che ogni volta che stava per realizzare il sogno di costruire una famiglia con la donna che amava, intervenivano degli “accadimenti” che mandavano in frantumi il suo sogno. Ora, penso che dovrebbe riflettere ed analizzare il perché e il genere di tali accadimenti, che forse le possono aprire uno spiraglio sul suo modo di relazionarsi ad una donna, oppure sul perché lei si innamora di un certo tipo di donna.
Chiaramente la paura della solitudine non è una buona motivazione per un matrimonio, ma su questo argomento non mi sento di dirle nulla, perché appartiene al futuro, e forse questa ragazza che lei non ama, ma dalla quale è amato, col tempo potrebbe conquistare il suo amore. Il mio consiglio è di non precipitare gli eventi e di riflettere sul fatto che 35 anni sono davvero pochi per avere paura di restare per sempre da soli. Inoltre a volte possiamo sentirci più soli in coppia, che da soli, perché la solitudine è una dimensione dell’anima che con molta fatica noi stessi dobbiamo imparare a risolvere.


Federica
Buonasera, sono una ragazza di 25 anni e da qualche tempo soffro di disturbi d’ansia; mi sono rivolta a villa turro “san Raffaele” dove ho avuto due incontri con due diversi psichiatra i quali mi hanno prescritto una terapia farmacologica. L’uno mi ha prescritto Citalopran e l’altro sereupin.
Il problema è che io credo che mi serva più parlare, capire e magari ricevere dei consigli piuttosto che prendere farmaci; oltretutto da non sottovalutare l’aspetto economico, visto che le visite csono costose.Se potesse essermi veramente d’aiuto mi contatti .Grazie Federica

RISPOSTA DELLA DOTT.SSA GRAZIOLI
Gentile Signorina Federica, I farmaci hanno la funzione di aggredire i sintomi che in questo modo perdono d’intensità e pervasività, ma non curano il male alle sue radici. L’ansia è un disturbo psicologico e sarà una terapia psicologica, come la psicoterapia, la cura adeguata a ricercare, esplorare ed affrontare le cause da cui trae origine. Quando l’ansia è molto forte è necessario assumere farmaci che la contengano, altrimenti la psicoterapia è più faticosa meno efficace, perché il paziente è sommerso dall’ansia e ha meno capacità riflessive ed introspettive.


Rossana
Buongiorno, ho 31 anni, da due anni soffro di disturbo ossessivo compulviso da contaminazione, ho paura di entrare in contatto con le feci , ciò mi provoca il dover fare una doccia lunga e altri rituali più o meno collegati oltre che litigate anche esasperate/violente con i miei.Ho paura a prendere farmaci per gli eventuali effetti collaterali permanenti (per gli ssri parlare di contrarre la pssd e atri disturbi del movimento!!!), insomma impossibile che non c’è un prodotto che aiuti e che non comporti l’accettazione di tali rischi? Ho letto che é di aiuto una psicoterapia tipo cognitivo comportamentale, avevo iniziato ad andare da una specialista di questo tipo ma poi ho smesso, la dott.ssa dicevo che non avevo nulla perché non collaboravo…. Potrebbe fornirmi qualche consigli pratico per darmi un piccolo aiuto da sola???Ho già letto un ‘po de “Il cervello bloccato” e del metodo dei $ gradini , magari altri libri di auto aiuto tipo quello di Melli mi possono aiutare…. Grazie mille Rossana.

RISPOSTA DELLA DOTT.SSA GRAZIOLI
Cara Rossana, proviamo così: hai una terribile paura di toccare per sbaglio le feci, e per sentirti al sicuro sei costretta a fare interminabili lavaggi e altre pratiche.Decidi quanto tempo ti serve per poterti lavare perfettamente. E poi prova a rispettare questo tempo.La paura non la puoi controllare, è troppo forte, ma il tempo è una tua scelta e lo puoi controllare.Incomincia dal rituale che senti meno costrittivo, nei tempi e nei modi che per te sono meno coercitivi. Vedrai che ogni volta che ci riuscirai ti sentirai un po’ meno schiava di quel rituale.Questo è il mio piccolo aiuto fai-da-te.Tuttavia non abbandonare l’idea di una psicoterapia, e quando sarai pronta ad andare a fondo e guardare in faccia che cosa si nasconde dietro le tue ossessioni, torna in psicoterapia. Primo perché imparare a gestire un disturbo non è risolverlo, secondo perché i rituali in periodi di stress o preoccupazione possono diventare ancora più numerosi e intensi.


Elena
Buongiorno Dottoressa, da alcuni mesi ho un compagno (età 50 anni ) che soffre di disturbi d’ansia (dai sintomi mi pare si tratti di ansia generalizzata). Io di ansia so ben poco e non riesco a capire come posso aiutarlo per uscire da una situazione per lui estremamente frustante. L’ansia è così manifestata nel corso degli anni: 20 anni fa primo grave attacco d’ansia, per il quale è finito in ospedale.Successivamente ci sono voluti ben 5 anni per uscire dal tunnel.Poi per un po d’anni è stato piuttosto bene.Gennaio 2012 secondo grave attacco d’ansia , per il quale è di nuovo finito in ospedale.Da allora una o due volte alla settimana tornano dei piccoli attacchi ed è rimato un senso di inadeguatezza ad affrontare la vita di tutti i giorni. Il lavoro….. Quindi questa persona non riesce a reagire, ad uscire da uno stato che lo rende meno operativo e gli fa vedere tutto negativamente.io, con tutto l’amore che provo per lui, non riesco a capire come posso aiutarlo. Farlo parlare tanto penso sia utile,li per li sembra stia meglio , ma poi dopo qualche giorno piomba di nuovo nel tunnel dell’ansia.Cosa posso fare secondo lei?

RISPOSTA DELLA DOTT.SSA GRAZIOLI
Cara Elena, penso che se il suo compagno è vent’anni che soffre d’ansia , con periodi di remissione, avrà affrontato il problema con una terapia sia farmacologica che psicologica.Lei può essergli vicina con affetto e comprensione , ma altro non può fare.Il suo compagno ha avuto una ricaduta e si deve curare, lo esorti a farlo senza aspettare altro tempo.


Daniela
Salve mi chiamo Daniela e ho ventitré anni e da un anno che soffro d’ansia e attacchi di panico e questo mi succede sopratutto quando mi rilasso. Non riesco a capire come mai e se andando da un psicoterapeuta riuscirò a superare questo periodo e a tornare la ragazza allegra e che stava sempre bene di prima!

RISPOSTA DELLA DOTT.SSA GRAZIOLI
La psicoterapia sia di orientamento dinamico , sia di orientamento cognitivo è la cura adeguata per i disturbi d’ansia.Disturbo di cui lei soprattutto nei momenti di rilassamento , non è infrequente che nei tempi “vuoti” week-end o delle vacanze emerga il disagio che nel tempo “pieno” del lavoro e dello studio resta nascosto .Alcuni possono accusare disturbi fisici, come emicrania o altro, lei diventa preda dell’ansia, scoprire che cosa c’è dietro e poi affrontarlo é compito della terapia.


Vincenzo
Gentile dottoressa, ho trovato interessantissimo il suo sito, da luglio del 2007 soffro di attacchi di panico, il primo mese ero praticamente al pronto soccorso (ansia anticipatoria) poi con un antidepressivo sono stato bene per 3 anni, con la mia psichiatra allora abbiamo deciso di eliminare il farmaco e dopo $ mesi sono ricaduto ancora in questi attacchi di panico. Ne ho riparlato con la mia psichiatra e mi ha ridato il farmaco, ora lo sto riprendendo da poco e sto migliorando, ma ho una gran paura di essere dipendente dal farmaco che io non vorrei prendere per tutta la vita, magari ho bisogno di qualcos’altro, non so cosa fare anche pecche il farmaco è efficace però ogni volta che lo sospendo torno a stare male, ed è sempre come la prima volta. Cosa dovrei fare? Grazie anticipatamente.

RISPOSTA DELLA DOTT.SSA GRAZIOLI
Gent.Signor Vincenzo, il disturbo d’attacco di panico, nonostante le numerose manifestazioni fisiche che l’accompagnano, è un “male”della mente, dell’ anima, è un disturbo psicologico, e come tale va curato. I farmaci agiscono sui sintomi, non sulle cause del disturbo.L’attacco di panico è il vestito che indossa un suo disagio profondo, che unicamente tramite una psicoterapia può essere portato alla luce e risolto.La terapia farmacologica è utile perché alleggerisce i sintomi e da sicurezza al paziente che così può affrontare il percorso psicoterapeutico con sguardo limpido , non offuscato dalla paura di stare male. In seguito, quando la psicoterapia incomincerà a d avere i suoi effetti, i farmaci devono essere gradualmente abbandonati.


Laura
Gentile Dottoressa, sono una donna di 62 anni, felicemente sposata da 34 con un uomo gentile e innamorato. Ho tre figli , il grande di 31 anni e due gemelli di 23 con problema di I.M. Di grado medio.Abbiamo faticato molto per “accettare” questo , ma ora siamo sereni nel vedere e nel sentirci riconoscere di aver lavorato bene.Questo preambolo per dire che ho sempre avuto poco tempo per me tra lavoro e figli, per affrontare un problema che da tempo interferisce nei rapporti tra me e i miei cari : la paura di ……. perderli. Tutte le mamme e mogli sono preoccupate ma io lo sono in modo patologico nei riguardi di mio marito e dei miei figli i quali per farmi superare questi problemi lesinano ad es. le chiamate se son fuori.E hanno ragione.Se tardano io penso solo che sia successo qualcosa di tragico.Chiedo aiuto a lei .Di quale percorso psicoterapeutico ho bisogno?E a chi rivolgermi a Lecce?? Grazie infinitamente.

RISPOSTA DELLA DOTT.SSA GRAZIOLI
Gent.Signora, tutti abbiamo paura di perdere i nostri cari, fortunatamente ce ne dimentichiamo per la maggior parte del tempo , lei invece non ci riesce più e questa paura è diventata la sua abituale per lei il pericolo é sempre dietro l’angolo.Soffre di un disturbo d’ansia e rivolgersi a uno psicoterapeuta è la cosa da fare per liberarsi di tale terrore. A mio parere non c’è in assoluto un percorso migliore di un altro per un certo disturbo , la cosa fondamentale è la qualità della relazione che si stabilisce tra terapeuta e paziente, e solo una relazione che promuova la formazione di una salda alleanza terapeutica sarà efficace. In questo senso più che tipo di psicoterapia che un altro , è importante l’incontro tra paziente e psicoterapeuta, incontro che mette in gioco, ì anche la personalità dei due protagonisti.Le consiglio di rivolgersi all’Ordine degli Psicologi della regione Puglia, che le fornirò l’elenco degli psicoterapeuti della sua città, in questo modo sarà garantita circa la professionalità e la competenza dello psicoterapeuta, e poi provi, se è il terapeuta giusto per lei capirà molto presto.


Marco
Salve dottoressa.Innanzitutto premetto che ho 18 anni e sono circa sette mesi che seguo una psicoterapia, di indirizzo junghiano.e qui la prima domanda ..per iniziare una terapia è un età troppo precoce?? ho letto che jung diceva che un buon momento per iniziare un analisi è l’età più adulta.I l mio terapeuta dice che ognuno ha la sua strada e che iniziare adesso per è un vantaggio perché ho tanto tempo per godermi quello che ho imparato..lei come la vede??in seguito alla separazione con una ragazza sono caduto in depressione e ho passato un periodo di acuta sofferenza, con paure che si ingigantivano sempre più, paura di vivere di uscire e di stare in mezzo agli altri.Ho anche iniziato una terapia farmacologica da un paio di mesi e devo dire che mi sento molto di un tempo, anche se sento il dolore.Mi sembra di avere ricacciato dentro il mio problema per affrontarlo. In sogno era un enorme pesce predatore , che emergeva da un lago e mi dava la caccia .Io scappavo terrorizzato.Questo sogno risale circa un mese fa.La terapia è difficile , e molte volte non riesco a dire quello che sento al psicoterapeuta, e a volte mi sembra che lui taccia o non reagisca certe cose che io dico.Il silenzio mi mette a disagio e ho difficoltà ad aprirmi e questo mi porta a pensare negativamente sull’efficacia dell’analisi,….continuo a pensare al modo migliore di affrontare la mia situazione , visto che prima continuavo ad autoanalizzarmi e a dire ho questo ho quello , similmente ad un ipocondriaco.Vede c’è un detto zen che dice: non pensare, guarda! È questo che devo fare??Osservare i contenuti del mio inconscio, il mio dolore e miei pensieri e le mie paure, sospendo il giudizio su di essi??la paura a volte più che una riflessione. Sfocia in una costruzione mentale prodotta da una visione distorta delle cose..lei cosa ne pensa?

RISPOSTA DELLA DOTT.SSA GRAZIOLI
Gent.Signor Marco, non c’è un’età migliore di un altra per iniziare una terapia, sia che riguardi il corpo o l’anima: lo si fa quando c’è un “male” da curare.I dolori come la malattia arrivano e basta,a qualunque età. E quando arrivano dobbiamo prendercene cura.Sull’efficacia o meno della sua psicoterapia non posso esprimere opinioni, ma è sicuramente un argomento di cui deve parlare con il suo psicoterapeuta, perché i dubbi , il disagio e le ansie che si vivono nella relazione terapeutica, sono parte integrante della psicoterapia stessa.Per quanto riguarda le paure , penso che le peggiori siano i fantasmi creati dalla nostra mente, che ogni volta abbiamo il coraggio di affrontarle e guardarle in faccia si sciolgano come neve al sole.


Elena
Buonasera , sono una ragazza di 24 anni, è da 4 anni che ho smesso di fare uso di coca,estasi, LCD,……sono stata in comunità per 3 anni ed non uso più nulla , non fumo, non bevo nemmeno, soffro di crisi d’ansia continue, la mia vita è ansia, devo sempre fare qualcosa, a lavoro che ho la mente impegnata sto meglio, ho il vizio di tirarmi i capelli e mi sento a disagio perché ne sono consapevole ma non riesco a smettere, il gesto di toccare i capelli mi allevia l’ansia, almeno così mi sembra, ma per stare un po meglio mi ritrovo a stressarmi i capelli, è brutto vedere al di fuori, anche se non è portato agli eccessi.Per intenderci non ho chiazze vuote,semplicemente mi ritrovo sempre a mettere le manie vedere se per caso ne perdo , (cosa normale)?Sembra un movimento compulsivo.Quando ero in comunità avevo perso questo vizio perché ero sottoposta ad una cura di ansiolitici, terminata quella dopo 2 anni di fila, mi è tornato il tic.Che fare??Vorrei un aiuto inoltre a volte in metropolitana, mi capita di dover scendere alla prima fermata perché mi viene paura e aspetto quella dopo.Grazie Elena

RISPOSTA DELLA DOTT.SSA GRAZIOLI
Gentile Signorina Elena, una storia di tossicodipendenza fa pensare a un suo profondo e a quel tempo ingestibile disagio psichico, il rifugio nella droga è stata la illusoria situazione di allora.
Gli psicofarmaci agiscono sul sintomo, ma non sulle cause , che se vengono e affrontate e risolte tramite un percorso psicoterapeutico continuano ad agire .Sospesi i farmaci che controllavano l’ansia è subentrato il vizio di tirarsi i capelli che in qualche modo la tranquilizza.Li l’unica strada è affrontare le cause del suo disagio psicologico e della sua insicurezza, cosa possibile solo con una psicoterapia,che visto i pregressi da lei già fatti può essere un percorso breve.


Luca
Gentile dottoressa, ho ventisei anni e da un po ho un problema imbarazzante, mi capita, appena inizio a frequentare una donna, di avere problemi di erezione, che di solito vengono risolti lentamente col tempo fino a scomparire.Deduco che questo siano problemi legati all’ansia .Ora sto frequentando una ragazza, e mi si stanno presentando di nuovo questi problemi.Che cosa devo fare?

RISPOSTA DELLA DOTT.SSA GRAZIOLI
Gentile Signore, come giustamente dice , il suo è un problema legato all’ansia.E’ importante verificare se l’ansia si manifesta solo nei suoi rapporti con le ragazze o investe invece anche gli altri settori della sua vita.Per esempio quando deve affrontare nuove situazioni di lavoro o sociali è molto ansioso o abbastanza tranquillo? Quello che voglio dirle è che il disturbo d’ansia può essere generalizzato oppure riguardare unicamente la vita affettiva , oppure quella sociale.In ogni caso sarebbe utile che facesse qualche colloquio di approfondimento del problema , sicuramente avrebbe da subito un sollievo perché diminuirebbero le paure e i fantasmi legati alla sua sessualità.


Elisa
Gentile Dottoressa, le scrivo per avere qualche consiglio, in questo periodo sto affrontando diversi cambiamenti, casa, lavoro, esami universitari ,razionalmente credo che dovrei esser felice perché si prospettano cose belle, ma da 2 giorni sono ansiosa e stamattina mi è venuto un attacco di panico in metropolitana.Fortunatamente non è la prima volta che mi succede (già “ anni fa ne avevo sofferto per un breve periodo e poi li ho superati) quindi so che devo pensare positivo, che non mi sta succedendo nulla e che è tutto nella mia testa .Ho paura di non riuscire a fare chiarezza nella dentro di me, che la paura mi limiti, cosa devo fare??Grazie

RISPOSTA DELLA DOTT.SSA GRAZIOLI
Gent. Signorina Elisa , i cambiamenti per quanto belli e desiderati comportano sempre un certo grado di paura che provoca ansia.Questo perché le “cose” nuove portano con sé l’ignoto, e quando dobbiamo affrontare l’ignoto si risveglia in tutti noi tutto l’attaccamento che abbiamo per ciò che è noto e famigliare, anche se siamo stanche consapevoli di avere bisogno d’altro.


Teresa
Buongiorno dottoressa questa notte il marito di mia sorella che abita a legnano, io abito a Bologna, mi chiama dicendo che non sapeva cosa fare in sottofondo sentivo mia sorella pianger disperata con respiro affannoso che voleva il 118 perché si sentiva morire e nessuno riusciva a calmarla e ho detto a mia cognata che forse era un attacco di panico e chiamare il 118 così lei si sarebbe tranquilizzata. Al ps le hanno dato 20 gocce di ansiolitico, come posso aiutare mia sorella? Grazie dottoressa saluti teresa.

RISPOSTA DELLA DOTT.SSA GRAZIOLI
Gent.Signora Teresa l’attacco di panino è il sintomo di un disagio più profondo che non deve essere ignorato, né sottovalutato.Se sua sorella ha veramente avuto un attacco di panico, è molto probabile che nel tempo si ripeta, in questo caso l’unico aiuto possibile è quello medico unito a quello psicologico.


Giulia
Salve, convivo con il mio ragazzo,affetto da DOC. Poco tempo fa ha deciso di aprirsi e parlarmi del suo problema e ha preso la decisione di iniziare la terapia. Nonostante ciò è sempre nervoso e tende a scaricare su di me ansie e problemi. Vorrei capire meglio come potergli stare vicino adesso che ha intrapreso questo nuovo percorso, non para più con me del suo problema e L’argomento terapia é taboo anche per ciò che riguarda aspetti prettamente pratici e logistici e non solo di contenuto delle sedute, che capisco possa esser profondamente personale.Io però non so come comportarmi, se non chiedo nulla non vorrei che mi sentisse distante e disinteressata al problema,ma se chiedo rischio sempre di scatenare ansie e rimproveri!Questa situazione sta logorando anche me, ma sono decisa a non mollare, vorrei solo un consiglio su cosa evitare e cosa invece fare attivamente !Grazie mille

RISPOSTA DELLA DOTT.SSA GRAZIOLI
Gentile Sig.ra Giulia un grosso problema per le persone che soffrono di DOC è “scegliere”, perciò non lo metta di fronte ad alcuna richiesta che comporti una decisione da parte sua.Gli dica che gli è vicina, che gli vuole bene, e si comporti con lui come ha sempre fatto, le ha confidato che ha un problema e che sta cercando di risolverlo, ma al di la di questo resta il suo ragazzo di sempre , non amplifichi il problema.La psicoterapia é un’esperienza assolutamente personale, se vorrà condividere qualche cosa con lei, lo farà.


Alessandra
Gentilissima Dottoressa, ad un amico è stata riscontata una depressione con presenza di idee fisse, ossessive. Anche se ogni disagio è unico. Come unica è la persona che lo vive, può spiegarmi se questa situazione (in riferimento alle idee ossessive) è sempre sinonimo di un comportamento psicotico??Il ragazzo è sempre mantenuto “lucido” e con le prime cure farmacologiche si sono anche attenuati anche i pensieri ossessivi. In passato ha negato d’ aver bisogno di un aiuto terapeutico nonostante percepisse il suo stato di malessere tanto d’aver maturato di suicidarsi.Questi pensieri ossessivi possono davvero sparire ( gradualmente, certo) in seguito alla scomparsa della depressione ?Una psicoterapia può esser consigliabile sin d’ora o è meglio attendere lo stabilizzassi dell’umore grazie alla terapia farmacologica?? Sono molto confusa rispetto alla modalità dello stargli vicino…lavoro nel sociale questo anziché essermi d’aiuto mi crea un po’ di ansia. Da un lato vorrei fare di più ( e cambiata a cui del disagio che lui vive) senza pensare a vedere il mio amico come mio “utente”. I piano affettivi e lavorativi si stanno ingarbugliando…la ringrazio per la sua attenzione e per le competenze che sa offrire con tanto garbo.Cordialmente Alessandra

RISPOSTA DELLA DOTT.SSA GRAZIOLI
Cara Alessandra, un disturbo depressivo anche se accompagnato da idee ossessive, non è sinonimo di comportamento psicotico.Per poter di parlare di psicosi o manifestazioni psicotiche è necessario che il paziente non sia in grado di distinguere ciò che appartiene al suo mondo interno da ciò che appartiene al mondo esterno. E’ infatti tale confusione tra i due mondi una caratteristica fondamentale dei disturbi psicotici. I pensieri ossessivi posso sia scomparire, sia affievolirsi, non c’è una regola, poiché ogni persona -paziente è un universo unico e particolare.In generale il mio consiglio è di combinare la terapia farmacologica alla psicoterapia. I farmaci, infatti, agiscono sui sintomi riducendone l’intensità, la psicoterapia lavora sulle cause che li ha prodotti.Comprendo la sua preoccupazione e il suo desiderio di stare vicina al suo amico e come dice lei , di fare di più. Spesso ci dimentichiamo che “essere presenti” è già un “fare” e che in alcuni casi , come ad esempio il suo, è anche L’unico “fare” possibile ed efficace.Continui perciò ad essere l’amica di sempre e non guardi il suo amico come a un paziente.

Le vacanze non sono solo luogo di divertimento inteso come folla e caos. Spesso si cerca un luogo per rigenerarsi e ricaricare la propria salute psicofisica. Ecco che entra in gioco l’idea di “luogo sacro” da andare a trovare, per conciliare se stessi, per ritrovarsi con il se più profondo.

Cos’è un luogo sacro?

Potrebbe essere semplicemente un angolo di prato sotto casa, la riva di un fiume, la vista di un bel lago tranquillo. Ovunque ci si trovi in uno stato di benessere e calma, in pace con se stessi, può esser definito luogo sacro. Bisogna quindi porre estrema attenzione agli stati mentali ed emotivi.

Relax: consigli utili

In merito a relax e dovuto riposo, calza a pennello l’articolo comparso in queste ore con i consigli per donne in vacanza di Daria Bignardi, lo si può leggere cliccando qui. L’importanza di lasciare andare il senso di controllo, le paure e l’ansia che spesso ci accompagnano nel quotidiano, è fondamentale per rigenerarsi e … cambiare.

La vacanza come occasione di cambiamento

Il cambiamento di se, in termini generali e non clinici, presuppone varie fasi. Le vacanze sono un’ottima occasione per provare a diventare ciò che davvero desideriamo. Tentare di raggiungere quelle parti di noi, molto nascoste, che celiamo per diversi motivi ma che spesso ci caratterizzano.

C’è un momento in cui si decide di cambiare

Che si tratti di cambiare rotta o di cambiare se stessi, arriva sempre un momento prima o poi in cui si prendono in mano le redini del proprio destino. Decidere di cambiare implica rivedere tutto: spinte e cause che ci avevano fatto comportare, fino ad allora, in un dato modo. Nel caso di cambiamenti di vita importanti, questo può significare rinunciare a delle certezze e mettere in discussione molte cose di noi.

Psicologa Psicoterapeuta Milano

Dott.ssa Daniela Grazioli

Il mio studio si trova a Milano in Via Ximenes, 1
Tel. 02 66 84 253 – Cell. 348 31 57 841

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