Quando il cuore è nello stomaco, il cervello non so dov’è.
Ogni cellula del mio corpo è concentrata sulla pancia, sullo stomaco, perché da lì mi sta uscendo il cuore. Batte così forte che mi copro incrociando le braccia, perché temo che si veda anche all’esterno.
È l’ansia. Ansia inutile, che mi toglie ogni energia e mi stanca. Camminare è faticoso perché quando sento il cuore grande come tutta la pancia, la frequenza cardiaca ha già superato i 100 battiti al minuto. Mi succede spesso. Anche quando sono in chiesa a messa. Ascolto l’omelia, ma non riesco a seguire il parroco come vorrei perché il rumore di questo tamburo interno mi assorbe completamente. Dio !!!.
Come posso andare avanti così? Perché mi sento così, qui e adesso?!?! Cosa c’entra? Cosa c’è che non va? Niente: va tutto bene. Oggi non lavoro, sono a messa, poi devo solo fare la spesa e dopo posso anche dormire se ne ho voglia. Va tutto bene. Cos’è questo tamburo dal suono che rimbomba nelle mie orecchie e mi esclude dal mondo?
Ho letto un libro scritto da un noto psicoterapeuta italiano in cui spiega che non sempre è l’ansia a scatenare la tachicardia, ma spesso è il contrario. Ho un po’ di tachicardia ed ecco che mi agito e mi viene l’ansia. In ogni caso per me non ha assolutamente importanza se nasce prima l’uovo o la gallina. Sto male e non riesco a respirare. Questo è un dato di fatto!
Quando farò il callo a queste terribili sensazioni? Penso mai. Però ho capito che rompere questo schema ci può salvare.
L’ho capito quando per l’ennesima domenica, in chiesa, alla fine del padre nostro ho guardato l’orologio, perché volevo che finisse. Non ce la facevo più, tremavo e sudavo dal malessere generato da questo stomaco pulsante. Poi al termine della messa, la signora seduta accanto a me mi ha chiesto qualcosa.
Le ho spiegato quello che voleva sapere e lei mi ha ringraziato. Appena ho finito di parlare con lei sono tornata presto nella mia angoscia. Mi sono accorta però che mentre parlavo con lei, non c’era più spazio per tutto il mio “MALE” che mi aveva accompagnato da quando mi ero svegliata. Questo la dice lunga sulla nostra psiche.
Certo non è sempre così perché certe cose non le possiamo allontanare neppure se siamo nel pieno di una festa. Ma quando ci stiamo sotterrando di pensieri inutili che ci precipitano in una spirale senza uscita, quello è il momento di fare qualsiasi cosa. Qualsiasi, e così rompere il cerchio. Correre senza meta. Saltare alla corda. Svuotare la cantina o il frigo. Aiutare qualcuno, magari ascoltare i suoi problemi e scoprire che non siamo quelli davvero nella merda.
Fai qualcosa. E ricordati che tutte queste sensazioni sono allucinazioni.
L’energia che possiamo trovare quando proviamo un attimo di pace.. l’energia che non sappiamo di avere perché la nascondiamo o buttiamo via nelle nostre notti insonni, questa è l’energia che ci può salvare. È il nostro nome e cognome, che ci identifica ed aiuta a diventare ciò che siamo. È la nostra parte migliore. È quello che possiamo trovare fuori da questo buio. Dobbiamo puntare a questo, resistere alla tentazione di perdere la fiducia e sfidare noi stessi con una risata anche nel pieno di una tachicardia, per dare uno schiaffo al dolore che ci trascina giù. È così che si partorisce quel poco di gioia che dà un senso alla nostra vita.
Il mio percorso di psicoterapia è stato la cosa più importante che ho fatto per me stessa. Per imparare a convivere con queste sensazioni e combatterle. È così che ho visto la mia vita dall’alto e ho potuto provare l’esperienza di togliermi anche solo per poco gli occhiali del dolore che indosso e non mi concedono di vivere a pieno. È bello ricordarsi di chi sei davvero quando sei libero.. così, quando accade che libero non sei nei tuoi giorni più neri, questa consapevolezza ti consola e ti accompagna fino a domani, quando starai meglio.
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