Negli ultimi anni siamo stati tutti impotenti ed increduli spettatori di efferati ed incomprensibili delitti che hanno gli adolescenti per protagonisti.
Questi giovanissimi assassini, il cui numero negli ultimi anni è andato aumentando e l’età diminuendo , sono gli autori di delitti apparentemente privi di senso o di qualunque rabbia, passione o impulso che il nostro mondo adulto possa comprendere.
Sono ragazzi che compagni e conoscenti descrivono come “normali”, “ uno come noi –dicono di loro- uno che faceva le cose che facciamo noi”.
Questi ragazzi perciò non sono dei disperati, senza casa, nè famiglia, cresciuti nel linguaggio della violenza, ma giovani come tanti con le giornate scandite dai tempi dello studio o del lavoro , della casa e del divertimento. crescere nella miseria, nella violenza, e nella disperazione ha, in ogni tempo , prodotto la svalorizzazione e il disprezzo della vita propria e altrui : la vita diventa solo l’oggi, non c’è più futuro e il passato è solo da dimenticare, perciò non ci sono nè premi, nè castighi, ma ha valore solo il momento che si vive.
Questi ragazzi, invece , hanno imparato in famiglia e a scuola che togliere la vita a sè o ad altri è uno dei peggiori delitti. E allora , che cosa succede nella mente di questi giovani?
Tralasciando i consueti discorsi sulle responsabilità familiari , sull’adolescenza età difficile, perchè tale è sempre stata, o sulla mancanza di valori stabili nell’attuale società, vorrei accennare invece alla spettacolarizzazione e alla capacità di assorbimento, e perciò alla svalorizzazione ed appiattimento di ogni evento o fatto, tipici del nostro tempo.
La morte, ad esempio, non è mai stata così ignorata e allontanata dalla dimensione dell’esperienza dell’individuo, e allo stesso tempo così consumata, mercificata e somministrata dai mass-media come nella nostra società.
c’è la morte in presa diretta, la pubblicità dei condannati o malati terminali, lo scandalo della vendita di organi, possibile anche via internet e così via.
Ora, in un universo dove qualunque cosa, a prescindere dal suo valore, può diventare uno “ spettacolo “ come un altro, come è possibile conservare una graduatoria di ciò che ha più o meno valore, di ciò che sicuramente è bene e ciò che è male?
La violenza, la morte, la tragedia, svuotate dello spessore loro assegnato dalla dimensione del privato, diventano fatti esteriori contraddistinti dall’illusorietà e superficialità proprie dello spettacolo.
Tutti abbiamo fatto l’abitudine a cenare guardando alla televisione la gente morire o piangere la morte dei propri cari, poi cambiamo canale e passiamo alla frutta, non è successo niente. Questi giovani, qualunque famiglia abbiano o scuola frequentino, crescono in un mondo così.
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