La rabbia

pugnoIl racconto di un paziente

 

 

Una rabbia incontrollata attanagliava lo stomaco, la sentivo ribollire nell’addome, e salire pulsante fino allo sterno.
Come un ospite indesiderato si è impossessato della parte più interna di me, un parassita invadente che lento ed inesorabile mi ha divorata.
Un rancore che ha annebbiato i miei pensieri, ovattato il mio sentire.

Ho passato gli anni a difendermi, a creare barriere insormontabili, dove nessuno, anche il più abile degli uomini sarebbe riuscito a penetrare.
Una fortezza invalicabile dove però non potevo far altro che sentirmi terribilmente sola.

 

 

Le lunghe trecce nere contornavano un viso paffuto, gli occhi grandi, da cartone animato, perennemente tristi, impotenti.
Ti ho amata incondizionatamente, senza volere da te nulla in cambio, amarti come fonte di gioia, di ricchezza, da cui attingere nei momenti più bui.
Mi sono calata sul viso maschere di sorrisi, per non affrontare il male, quello vero, sotto il cui peso nessuno si risolleva.

Ho passato infinite notti sveglia nel letto, bagnato delle mie stesse paure, tremante sotto il suono assordante dei tuoi pianti.
Mi alzavo e correvo da te, per difenderti da un orco troppo violento.
L’amore immenso e indissolubile mi dava la forza di proteggerti, nessun orco ti avrebbe più fatto del male, perchè io ti avrei protetta, contro tutto, contro tutti.

E ad ogni schiaffo, ad ogni pugno, ad ogni tua lacrima, cresceva forte la mia impotenza, perchè per l’ennesima volta non ero stata in grado di evitarlo, di proteggerti davvero.
Mi promisi una notte, mentre le tua lacrime bagnavano il mio collo, che da lì ti avrei portata via, per sempre.

 

 

Gli anni passavano lenti e dolorosi, come un albero mi spogliavo delle foglie dell’impotenza, e di quelle dell’amore; rifiorendo di gelida delusione e pungente rancore.
Io crescevo,e in me si consolidava la consapevolezza che non eri davvero la vittima, che sì, la violenza non è mai accettata nè accettabile, ma hai rubato la mia infanzia servendoti di me, per proteggerti da comportamenti che solo tu hai scatenato.

Eri su un palco, recitavi teatralmente il tuo dramma di madre maltrattata, di donna che non fuggiva dalle violenze per proteggere me, muovevi abilmente le fila dei miei sensi di colpa, e io burattino del tuo volere, mi lasciavo guidare senza fiatare.
Ho passato momenti lunghi ad odiare la mia stupidità, per essermi fatta abbindolare dai tuoi pianti, per averti amata così tanto, un amore che forse avrei dovuto tenere per me, e riservarlo a qualcun altro.
Non rivoglio indietro il tempo che mi hai rubato, nè la serenità che mi hai fatto mancare, vorrei solo capire perchè, avere delle risposte.

 

 

Ho iniziato a temere dell’immagine riflessa nello specchio, quegli occhi scuri e impenetrabili, i pensieri spaventosi anche solo da ricordare, il desiderio vulcanico di far del male per sfogare emozioni incontrollabili.
Cercavo conferme, volevo qualcuno che non mi costringesse a parlare, ma che solo osservando il mio sguardo potesse darmi risposte.
Volevo una magia, qualcuno che agitando in aria una bacchetta potesse liberarmi da una rabbia lacerante, da un rancore soffocante, che mi aveva resa sterile di sentimenti.

Detestavo non riconoscere quell’immagine allo specchio, quello sguardo atroce che mi osservava riflesso nel vetro, la sensazione che ci fossero due me, una addormentata, e l’altra dallo sguardo atroce che dirigeva le mie azioni ed i miei pensieri.

 

 

Ho acceso il pc, per ritrovarmi, e per trovare qualcuno che potesse fare la magia, che mi ridesse la me migliore, la me che io sapevo essere sotterrata sotto una coltre durissima di rabbia.
Mentre le dita scorrevano veloci sulla tastiera, sorridevo teneramente alla me che aveva deciso di affidarsi ad una terapia pur di liberarsi da quel male lacerante che ormai mi stava divorando.

 

 

E lì, tra le pagine di un sito ho letto di lei, e qualcosa si è mosso.
Una sensazione strana allo stomaco, un brusio di emozioni belle, miste alla paura di espormi,
Ho scritto una mail di getto, racchiudendo in poche righe la rabbia che sentivo dentro, dicendomi che se come risposta avessi ricevuto una data ed un ora per un semplice appuntamento, avrei chiuso tutto e mi sarei aiutata da sola.

 

 

Non ho mai amato parlare troppo, preferisco di gran lunga scrivere, per cui non volevo qualcuno che mi costringesse subito ad un confronto verbale, che non prendesse in considerazione ciò che avevo scritto.
“O accetta di scrivermi senza darmi subito un appuntamento o non se ne fa nulla” mi ripetevo fissando la mail, in attesa che comparisse un messaggio per me.

Ho sbarrato gli occhi, ho deglutito emozionata, e ho sorriso compiaciuta quando la risposta non mi forzava assolutamente ad un appuntamento immediato, ma anzi mi incentivava a scrivere, a vomitare su pagine bianche i miei dolori e le mie gioie, perchè scrivere mi avrebbe aiutata.

“Eccola”, mi sono detta e tutto ha avuto inizio.

 

 

Un percorso lungo, difficile, a volte veramente pesante, che mi ha costretto ma in modo assolutamente delicato a guardarmi dentro,e a parlare.
E più parlavo, e più mi stupivo di quante cose avevo da dire, più snocciolavo parole e più cresceva in me la voglia di andare avanti.

Mi sento come un puledro lucido e forte che galoppa felice, a volte stanco, ma consapevole, che superata questa collina, a volte verde a volte tristemente arida, mi attenderà un ruscello bellissimo, dove potermi abbeverare.

Ho iniziato ad accarezzare il mio viso riflesso nello specchio, a non aver più paura del mio sguardo e dei miei pensieri.

Sto pian piano spogliandomi della rabbia e del rancore, e mi piacciono questi nuovi vestiti, mi si addicono, sono veramente miei.

 

 

La rabbia sta lentamente scivolando via, come la schiuma che avvolge le mie gambe sotto una doccia bollente, il rancore e la delusione stanno lasciando spazio alla consapevolezza che bisogna capire, non per forza perdonare, ma almeno capire che alcuni atteggiamenti, alcuni comportamenti non sono stati a me mossi intenzionalmente per ferirmi, ma sono stati l’inevitabile vissuto di una donna con i suoi problemi. E soprattutto non è stata colpa mia.

Non so se arriverò mai a perdonare, e non so nemmeno se tutti i miei perchè avranno una risposta, ma onestamente adesso sono solo contenta di quella che sono tornata ad essere. Sono consapevole che la strada da fare è ancora lunga, ma non mi sento più cosi tanto sola, una nuova forza cresce ogni giorno in me, mi illumina lo sterno dall’interno.

 

 

Ma soprattutto mi piace sorridere di me, quando mi stupisco da sola di come alcune situazioni non innescano più una rabbia esplosiva, ma un tenero sorriso mentre da sola mi dico

 

 

“non sono mica male senza la mia fortezza”.



Psicologa Psicoterapeuta Milano

Dott.ssa Daniela Grazioli

Il mio studio si trova a Milano in Via Ximenes, 1
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