Dedicato a tutti i miei pazienti presenti e passati

L’articolo “Io sono un infermiera” è il racconto di una mia paziente, infermiera in un grande ospedale di Milano al tempo del corona virus. E’ una lettura molto toccante che suscita in chi la legge, commozione, ammirazione e gratitudine per il suo coraggio, la sua generosità e grande umanità. Questa splendida ragazza è, oltre a quanto detto sopra, anche una mia paziente, una persona cioè che ha deciso, ha scelto di rivolgersi a uno psicoterapeuta. Questo binomio di eroica infermiera e contemporaneamente mia paziente mi ha suggerito di mettere per iscritto alcune osservazioni.

Nell’immaginario collettivo “andare dallo psicoterapeuta” significa “non farcela da soli” a risolvere ed affrontare i propri problemi, ansie e depressioni.  Vuol dire essere deboli, fragili, con poca volontà. Questo nel migliore dei casi, nel peggiore significa essere un po’ matti, fuori di testa.

Ho colto, allora, l’occasione di usare questa testimonianza, che appunto testimonia il coraggio, l’intelligenza, il senso di responsabilità, la determinazione, e tutto quello che ognuno di noi  può  trovare nelle parole di questa ragazza, per sfatare le credenze e i falsi miti che popolano la cultura popolare, soprattutto italiana, in altri paesi non è così, su chi sono e come sono le persone che decidono di intraprendere una psicoterapia.

Una psicoterapia non è una strada diritta, ma un percorso costellato da ostacoli, intoppi, frustrazioni e chi lo segue deve avere determinate qualità, altrimenti non ce la farà. Non ce la farà a resistere alla tentazione di mollare, di uscire dal tunnel in cui spesso verrà a trovarsi. Non ce la farà a capire che cos’è un’analisi, e a trovare gli strumenti anche intellettuali, necessari a proseguire. Non ce la farà a sopportare l’attesa e la frustrazione dei tempi bui, quando non si vede alcuna luce e l’unica cosa da fare è aspettare e stare fermi.

Ecco allora chi sono e come sono i “pazienti”, le persone che ho avuto la fortuna di conoscere col mio lavoro. Dico “fortuna” perché se ne sono usciti bene loro, altrettanto bene ne sono uscita io, arricchita umanamente e intellettualmente. Infatti ho imparato un sacco di cose che non avrei mai avuto modo di conoscere senza di loro: un incredibile ampliamento di  orizzonti  della mente e del cuore.

Sono persone coraggiose, perché devono avere il coraggio di prendersi la responsabilità di se stessi e della propria vita. Il coraggio cioè, di smettere di dare la colpa al “mondo” (moglie/marito, figli, lavoro etc., la lista è infinita) della loro sofferenza, impotenza, ansia, panico, tristezza etc.,  di farla finita di credere che se il “mondo” non fosse così, loro non avrebbero problemi. Il coraggio di smettere di nascondersi, di guardarsi in faccia e accettare le proprie fragilità, di riconoscere che da soli non si va da nessuna parte. E non ultimo, il coraggio di mettersi a nudo di fronte a un perfetto sconosciuto, anche se è un professionista.

Sono persone profonde e sensibili, perché devono essere capaci di guardarsi dentro, di scavare e trovare tra le pieghe della propria anima e della loro storia gli intoppi, le delusioni, i dolori e le frustrazioni rimosse, la vergogna di azioni, pensieri e desideri sepolti.  E poiché sono coraggiosi non scappano, ma si fanno carico di ciò che trovano e vanno avanti.

Sono intelligenti e creativi perché devono mettere insieme i pezzi di se stessi e della loro storia in modo costruttivo e creativamente nuovo e personale. Il risultato sarà un quadro ridisegnato e colorato con i colori dell’oggi e non più di ieri. Un quadro che alla fine potranno guardare con piacere e affetto. Sono intelligenti perché devono capire e comprendere il linguaggio dell’analisi, che non è semplice, e devono imparare a fare propri i suoi strumenti. Sono intelligenti perché hanno l’umiltà di comprendere che non è importante avere sempre ragione, ma quel che conta è arrivare alla verità, anche quando la verità non ci da ragione.

Sono forti e determinati perché una psicoterapia non è facile, ma comporta frustrazioni difficili da sopportare, blocchi, momenti di grande sfiducia, non  capire   dove si sta andando e se ne valga la pena di fare un sacrificio di così alti costi di denaro e  tempo. Ma alla fine sopportano la frustrazione, l’impasse, la delusione, il sacrificio e vanno avanti. Con determinazione, anche se pieni di dubbi e a volte con poca speranza, avanzano e proseguono nel lavoro che spetta loro in quanto pazienti.

Al contrario di quanto si è soliti pensare, in una psicoterapia il lavoro è soprattutto del paziente, non è dello psicoterapeuta l’aiuto, è il paziente che impara ad aiutarsi e prendersi cura di sé nel tempo della sua psicoterapia. Certo lo psicoterapeuta è importante, è necessario che lo sia, ma sicuramente un’ora alla  settimana   trascorsa  nel suo studio, non farà alcun miracolo se il paziente non fosse determinato a lavorare e non cedere.

Incredibilmente, poi, nelle emergenze, quando lo scontro con la realtà si fa duro, queste qualità vengono fuori e si manifestano. In genere i pazienti, coltivando di se stessi un’immagine di negatività, non ne sono consapevoli. Invece, tacitati e accantonati i fantasmi, i timori, le ansie etc, che normalmente li perseguitano e  fanno stare male, reagiscono e affrontano l’emergenza, il pericolo.

Così è nel tempo del corona-virus.

Può sembrare strano, ma non lo è affatto: numerosi documenti attestano come nei campi di concentramento molto spesso le persone più coraggiose, generose, e dignitose siano state persone che nella vita prima e fuori dal campo erano del tutto insignificanti, persone a cui non si sarebbero date due lire.

Mi sembra che possa bastare. Spero di aver raggiunto il mio obiettivo di raccontare un po’ che persone speciali  siano  i miei e “non miei pazienti”.  A volte mi chiedono che lavoro faccio e quando rispondo che sono una psicoterapeuta spesso mi sento dire con un certo sorriso: “Chissà quante ne devi vedere col tuo lavoro!”. A volte rispondo, a volte no, ma quello che è certo, è che io i “matti” li ho incontrati solo fuori, mai dentro il mio studio.

Una psicoterapia è un lungo e faticoso viaggio dentro se stessi. In un certo senso assomiglia a un fiore che è possibile vedere e toccare solo quando sboccia,   non quando è un piccolo seme sotto terra che per mesi con grande sforzo e fatica  deve sopravvivere e trovare la strada per nascere alla luce del sole, e solo dopo aver attraversato e sopportato il buio e il freddo del mondo sotterraneo arriverà al luminoso e caldo mondo della luce.



Psicologa Psicoterapeuta Milano

Dott.ssa Daniela Grazioli

Il mio studio si trova a Milano in Via Ximenes, 1
Tel. 02 66 84 253 – Cell. 348 31 57 841

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