Counseling

counselingChe cos’è, che scopo ha, a chi si rivolge

 

 

Il termine “counseling” è ormai entrato a far parte del linguaggio comune, una volta ancora una parola inglese che richiama alla mente qualcosa che ha a che fare con la consulenza, il consultare, il consigliare etc.., ma bene, in che cosa consista, resta un po’oscuro.

 

 

Facciamo allora un po’ di chiarezza: il counseling è una relazione d’aiuto, che a sua volta è un tipo particolare di relazione umana. Ora, ogni relazione umana implica un effetto di “trascinamento”, non esistono cioè relazioni umane significative che non facciano “crescere” o al contrario blocchino o inaridiscano le persone coinvolte.

 

 

In sé la relazione d’aiuto non ha niente di speciale, non c’è niente di strutturalmente diverso dal modo in cui solitamente le persone si rapportano spontaneamente tra loro. Una relazione d’aiuto ha molto in comune con le relazioni d’amicizia e le relazioni famigliari, nel senso che sono tutte dirette all’appagamento di alcuni bisogni basilari.

Alcune relazioni d’aiuto come quelle d’amicizia o, a volte, anche quelle di buon vicinato, presentano un alto grado di reciprocità e mutualità, altre invece, come ad esempio la relazione madre-bambino, non sono assolutamente paritarie.

 

 

Ci sono alcune relazioni a connotazione professionale, quali ad esempio quella di insegnante-allievo, medico-paziente, sacerdote-fedele, che in alcuni frangenti possono diventare relazioni d’aiuto. In generale, si può dire che si ha una relazione d’aiuto quando c’è un incontro tra due persone, una delle quali si trova in uno stato di sofferenza, conflitto o confusione rispetto a qualche cosa che deve affrontare e gestire, e un’altra persona che rispetto a tale situazione ha maggiore competenza.

 

 

Se fra queste due persone si stabilisce un contatto autentico, d’aiuto, è probabile che nella persona in difficoltà abbia inizio un qualche movimento di maturazione, apprendimento e chiarificazione, che la porterà ad affrontare in modo più adeguato la situazione perturbante.

 

 

Il counseling in particolare, è una forma specifica di relazione d’aiuto, un processo d’interazione tra due persone, consulente e cliente, che ha lo scopo di portare il cliente a prendere una decisione riguardo a scelte personali o difficoltà e problemi che lo toccano direttamente.

 

 

Si noti bene che nel counseling i due attori si chiamano consulente e cliente e non terapeuta e paziente o esperto e allievo, proprio per sottolineare la qualità della relazione di counseling nella quale è il cliente che sceglie e decide di farsi aiutare, ma non abdicherà mai né alla sua libertà, né alla sua responsabilità nella soluzione dei propri problemi.

Alla base del counseling infatti, c’è l’idea che se una persona si trova in difficoltà, il modo migliore di venirle in aiuto non è dirle cosa fare o trovare delle soluzioni, ma aiutarla a comprendere il suo vissuto, la sua situazione, assumendosi pienamente su di sé la responsabilità delle scelte che farà.

 

 

Un contributo decisivo nell’evoluzione del counseling si è avuto con l’opera e il pensiero di C.Rogers al quale si deve lo spostamento d’attenzione dall’esperto al cliente-persona.

Tradizionalmente la persona che chiedeva aiuto non doveva far altro che aspettare di ricevere il responso dell’esperto, l’esperto d’altra parte guardava al problema solo in termini astratti, non considerando la persona concreta che a tale problema era attaccata, trascurando così che ogni problema è quello che è, solo perché una determinata persona così lo presenta e lo vive.

 

 

Questa centratura sulla persona non è solo una scelta di valore, ma una parte assolutamente essenziale della relazione di counseling che ha un suo preciso significato “tecnico”: infatti, se la relazione d’aiuto ha come finalità pricipale quella di restituire alla persona in difficoltà autonomia e autostima, che in parole povere non sono altro che l’abilità di “cavarsela” autonomamente di fronte alle difficoltà e agli imprevisti della vita, è allora “tecnicamente” necessario che tale persona possa sperimentare da subito, all’interno dello stesso processo d’aiuto, la propria autodeterminazione, responsabilizzazione e valorizzazione, che unicamente una relazione centrata sulla sua persona sarà in grado di offrirle.

 

 

In questo modo viene ribaltato la concezione stessa di aiuto, che non consistendo più nella proposta di soluzioni e consigli, si concentra nello sforzo di eliminare gli ostacoli, emotivi o cognitivi o di auto-percezione etc., che bloccano le energie-potenzialità che la persona possiede.

L’intervento di aiuto cerca di portare il soggetto alle soglie dell’azione, viene aiutato ad autocomprendersi, a esplorare il suo vissuto, le sue emozioni, i suoi comportamenti, a vedere chiaramente il ventaglio delle scelte che gli si prospettano, delle competenze che la situazione richiede e dei cambiamenti possibili, la responsabilità dell’azione però è in ogni caso solo sua.

 

 

Da quanto detto, emerge chiaramente come il counseling si rivolga a persone generalmente ben integrate e adattate che si trovano ad essere confuse o compromesse nelle loro capacità di giudizio e comprensione solo a causa della crisi suscitata dalla situazione contingente.

 

 

Perciò, mentre ad esempio la psicoterapia si rivolge ad individui che soffrono di un disagio psichico dovuto a un disturbo strutturale della loro personalità, il counseling invece si rivolge a persone la cui sofferenza e disagio sono legati a un problema specifico rispetto al quale tale persona deve prendere delle decisioni, operare delle scelte o degli aggiustamenti. Il counseling quindi ha che fare con l’area del conflitto, della confusionie mentale, dell’ambivalenza e del turbamento emotivo che sono causati da stress più o meno intensi che persone normalmente ben “funzionanti” sono costrette a vivere in settori fondamentali della loro vita.

 

 

In questi frangenti l’io può entrare in crisi e pur mantenendo una certa capacità di riflessione e di comunicazione si scontra con la propria impotenza a capire e comprendersi e a far fronte alle difficoltà, scopo del processo di counseling è rendere possibile al “cliente” il recupero e il rafforzamento delle risorse del suo io temporaneamente indebolito.

 

 

Il colloquio che si svolge nella relazione di counseling non è una conversazione dove si scambiano delle opinioni, non è una discussione dove si risponde a delle obiezioni e si sostiene una tesi, non è un intervista o un interrogatorio, né una confessione, e non mira a una diagnosi, ma ha per obiettivo l’esatta comprensione di quello che avviene nel cliente, del modo in cui sperimenta la sua situazione, e la progressiva chiarificazione del suo vissuto, non è quindi qualcosa che si possa improvvisare, occorre un metodo e una preparazione



Psicologa Psicoterapeuta Milano

Dott.ssa Daniela Grazioli

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