“Quelli che noi chiamiamo i loro sintomi, esse lo chiamano la loro salvezza” Boris
Negli Stati Uniti, nei negozi di giocattoli è in vendita una bambola dal corpo snello e flessuoso che si può nutrire, accetta solo pochi bocconi però, poi dice no, altrimenti perde la “linea”: anche per le bambole dunque, in America, vale l’imperativo “magro è bello”.
Questo semplice ed apparentemente insignificante fatto dimostra quanto nel mondo della cultura occidentale “essere magri”, sia un valore e una virtù, un obiettivo da perseguire e mantenere anche a costo di immani sacrifici.
L’anoressia e la bulimia nervosa nascono e si moltiplicano in un sostrato socio-culturale di questo tipo, disturbi praticamente sconosciuti nelle nazioni in cui la magrezza non è considerata un valore, sono diventate una sorta di epidemia nei nostri paesi, dove spesso rappresentano la soluzione più comune e diffusa per una varietà di fattori stressanti sia intrapsichici, sia familiari ed ambientali.
Chiaramente l’atmosfera socio-culturale crea le condizioni per un certo tipo di disturbo, ma non è certo sufficiente, nell’esplodere del sintomo determinanti sono sempre le variabili personali e familiari, allo stesso modo l’atmosfera repressiva dell’Europa del primo novecento aveva favorito il moltiplicarsi dei fenomeni isterici, oggi quasi scomparsi, ma di certo non ne era stata la causa.
L’anoressia, come l’isteria, è un disturbo tipicamente femminile, e perciò correlato con la condizione della donna nella società e la rappresentazione del femminile che tale società promuove.
In particolare il forte senso di inadeguatezza e disvalore che percorre il vissuto delle ragazze anoressiche lo ritroviamo in tutta la storia dell’umanità guardata al femminile, una specie di eredità che si trasmette di madre in figlia, tale angoscia poi può trasformarsi e concretizzarsi nel controllo del peso, nel rifiuto del cibo, nelle pratiche di eliminazione del cibo etc., unicamente nel mondo occidentale, perché solo in tale cultura “magro è bello”.
L’anoressia nervosa colpisce soprattutto le ragazze tra i 10 e 30 anni, l’85% delle quali è tra i 13 e i 20 anni, per la maggior parte perciò si tratta di ragazze che vivono ancora in famiglia, ciò denota l’importanza della qualità delle relazioni famigliari nell’insorgenza di tale patologia.
Un profondo senso di inadeguatezza sembra essere alla base della sofferenza di queste ragazze, un disturbo che riguarda il concetto di sé, che le fa sentire completamente impotenti ed inefficaci, passive, il controllo del proprio corpo, in un certo senso l’unica cosa che si possiede, diventa allora l’estremo tentativo di difesa contro i propri sentimenti di mancanza di valore e fiducia in se stesse, che continuamente minacciano di sommergerle.
Attraverso il rifiuto del cibo, il rigido controllo del peso, e altri comportamenti sintomatici queste ragazze possono trasformare il loro senso di passività in qualcosa di attivo, dando un contenuto concreto e ben definito al loro profondo malessere (il peso, le dimensioni delle cosce etc.) che finalmente sentono di poter dominare e controllare.
Essendo quello sul proprio corpo l’unico potere che l’anoressica sente di avere, non le è possibile rinunciarvi, paradossalmente la malattia che l’uccide è ciò che le permette di sentirsi viva e di conquistare un senso di individualità ed efficacia nei confronti del mondo.
Il controllo sulla fame e sul corpo diventa così un’esperienza esaltante ed inebriante che si amplifica e potenzia col conseguente controllo che la ragazza sente di esercitare sulla propria famiglia tramite i suoi comportamenti alimentari.
Non esiste una personalità dell’anoressica, ma ragazze diverse con famiglie diverse possono tutte ricorrere all’anoressia/bulimia come mezzo per affrontare e allievare sofferenze diverse, inalterato e comune a tutte è solo il profondo “sentire un difetto in se stesse”.
Quasi tutte le teorie relative all’origine dell’anoressia nervosa si sono focalizzate sulla coppia madre-figlia, poiché è all’interno di tale relazione che incomincia a prendere forma il sé di ogni individuo.
Spesso le madri delle ragazze anoressiche hanno dentro di sé profonde problematiche depressive non risolte, che derivano dalla loro storia infantile e matrimoniale, e che interferiscono pesantemente nel loro rapporto con la figlia.
Spesso la madre si prende cura della figlia più in funzione dei propri bisogni che di quelli della figlia, che perciò non può sviluppare un sano senso di sé, ma si vive come un’estensione della madre e non acquisisce alcun senso di autonomia.
Generalmente le future anoressiche sono state “brave bambine”, desiderose di compiacere i genitori, che improvvisamente con l’adolescenza e l’esplodere dell’anoressia diventano ribelli e testarde come se questa fosse l’ultima possibilità che hanno per affermare in qualche modo il proprio vero sé, separarsi dalla madre, o reagire all’invischiamento spesso presente nelle loro famiglie.
Infatti, in tali famiglie i confini sia tra generazioni diverse, sia tra i suoi membri, sono a tal punto sfumati e porosi, che ogni componente della famiglia è ipercoinvolto nella vita di ogni altro, e non ha la possibilità di sentire e sperimentare di possedere una propria identità separata al di fuori dell’ambito familiare.
L’anoressia nervosa si può presentare in modo restrittivo con un controllo estremamente rigido del peso e un rifiuto sempre più determinato del cibo, oppure tale comportamento può essere interrotto da vere e proprie abbuffate, nel corso delle quali in un tempo limitato, è rapidamente ingerita una grande quantità di cibo.
In queste occasioni il “mangiare” ha un carattere compulsivo, è qualcosa che non si può assolutamente controllare.
A questi incontrollabili attacchi di fame fanno seguito condotte d’eliminazione del cibo che possono andare dal vomito autoindotto all’uso indiscriminato di lassativi.
Tali condotte eliminatorie hanno lo scopo di alleviare il senso di colpa, l’angoscia, la vergogna e il disgusto verso se stesse che inevitabilmente sommergono queste ragazze quando soccombono ai loro incontrollabili impulsi, l’eliminazione del cibo allora, serve a restituire loro l’impressione di aver ripreso in mano il controllo della situazione che in questo modo ritorna alle condizioni precedenti al raptus di fame.
Nella maggior parte dei casi sembra esserci una specie di evoluzione naturale della malattia che dopo un lungo periodo di anoressia restrittiva scivola nell’anoressia con attachi bulimici, in altri casi ancora scomparsa l’anoressia può sopravvivere la bulimia.
Questi dati suggeriscono l’esistenza di un profondo legame tra i due disturbi e si può ipotizzare che nell’anoressia quando è restrittiva ci sia una maggiore tenuta dei meccanismi di difesa e controllo dei sentimenti d’angoscia, depressione e aggressività collegati al vissuto della ragazza, mentre nell’anoressia con attacchi bulimici, e nella sola bulimia tali difese siano più deboli e permettano il riaffiorare di tali vissuti negativi.
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