Anima e corpo

sincronizzare-il-cuore-con-il-corpo-e-la-mente“Bella senz’anima” è il titolo di una canzone di Cocciante e “Il diavolo in corpo” quello del film Claude Autant-Lara nel 1947 e poi di Marco Bellocchio nel 1986, insomma dove c’è l’anima non c’è il corpo e dove c’è il corpo non c’è l’anima. Sembra che nella nostra cultura anima e corpo non possano andare d’accordo, si sono separati ai tempi di Platone e, a parte qualche breve parentesi, non si sono più ritrovati: il corpo pecca e l’anima si pente, il corpo muore e l’anima sopravvive, il corpo desidera e l’anima condanna.

 

Un tempo il corpo era il nemico da tenere a bada, ma esisteva e, grondante carnalità da nascondere, ogni tanto poteva anche vincere una battaglia. Ora non più. Separati e alienati dal nostro corpo, ne abbiamo fatto merce di scambio, il cui valore dipende dalla griffe che indossa e dal numero di chili che pesa. Strumento di successo o oggetto di desiderio, ma quasi mai soggetto, è agli ordini di una mente onnipotente che lo costringe a interminabili ore di palestra, lo ridisegna con bisturi e cannule aspiranti, lo tortura e disconosce fino a renderlo muto.

Ci sono stati, in verità, tentativi d’integrazione: negli anni passati abbiamo acquistato in blocco dall’oriente il pacchetto terapie-filosofie-tecniche comunemente definite alternative, e in molti ne abbiamo indossato il contenuto, esattamente come si fa con un vestito che si mette e si toglie e quello che sta sotto è sempre uguale.

Dimenticando che tali discipline sono il frutto e l’espressione della cultura orientale, dove il tempo scorre con ritmi diversi e la rappresentazione dello spazio non guarda alla luna, ne abbiamo fatto un uso squisitamente occidentale: due ore alla settimana di meditazione o yoga e poi, via di corsa a vendere a un desiderio, oggi privo d’ogni immaginazione, le “cosce” lucide e levigate che non sono più le sognate “… ma le gambe, ma le gambe delle donne …”, ma sono diventate l’indispensabile appendice dell’ultimo modello della Fiat o della Renault.

Il grido di dolore di tanta pena, perché malgrado tutto il nostro corpo non è diventato muto, prende oggi il nome di bulimia, anoressia, psoriasi, impotenza e altro. La coscienza nasce nel bambino come “io corporeo”: noi siamo prima di tutto i confini descritti dalla nostra pelle e il nostro sudore è la nostra fatica, il battito del cuore è la nostra paura o la nostra gioia, le lacrime sono il nostro dolore.

Smettiamo di pensare che solo gli occhi sono lo specchio dell’anima, perché dell’anima, dello spirito, della mente, comunque la si voglia chiamare, è impregnata ogni cellula del nostro corpo, ascoltiamolo.



Psicologa Psicoterapeuta Milano

Dott.ssa Daniela Grazioli

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