Le cose fantastiche che oggi possiamo fare con i congegni di ultima generazione metterli in funzione pronunciando una formula magica, per esempio, oppure ingrandire le immagini sull’iPhone con un semplice movimento delle dita – alla gente di cento anni fa sarebbero sembrati incantesimi, giochi di prestigio…
Permettetemi di proporre l’idea che, seguendo la logica del tecno-consumismo, secondo la quale i mercati scoprono i desideri dei consumatori e reagiscono di conseguenza, non scatena scenate quando viene relegato in un cassetto la tecnologia sia diventata abilissima nel creare prodotti corrispondenti a un nostro ideale di relazione erotica in cui l’oggetto amato non chiede nulla ma concede tutto senza indugio, ci fa sentire onnipotenti e non scatena scenate quando viene relegato in un cassetto e rimpiazzato da un oggetto ancora piu’ sexi….
Lo scopo ultimo della tecnologia, il telos della techne, sarebbe rimpiazzare un mondo naturale indifferente ai nostri desideri¬ un mondo di uragani, sofferenze e cuori fragili; un mondo di resistenza con un mondo così sensibile a quegli stessi desideri da diventare, in pratica, una mera estensione dell’io. Permettetemi di suggerire, pertanto, che il mondo del tecno consumismo sia ostacolato dall’amore vero, e che per difendersi non gli rimanga che ostacolarlo a sua volta. La prima linea di difesa consiste nel mercificare il nemico.
A tutti voi verranno in mente alcuni casi di nauseante mercificazione dell’amore. I miei esempi preferiti comprendono l’industria dei matrimoni, le pubblicità televisive dove appaiono piccoli, adorabili, bambini o si passa l’idea di un automobile come regalo di Natale, e l’equiparazione, particolarmente grottesca, fra diamanti e devozione eterna.
Il messaggio in ogni caso, è che se ami qualcuno devi comprare qualcosa.
Un fenomeno collegato a tutto ciò è l’attuale trasformazione, generata da Facebook, del verbo “piacere”: da una disposizione d’animo a un’azione compiuta con il mouse, da un sentimento a un’affermazione di scelta del consumatore.
E in genere, nella cultura commerciale, “piacere” ha sostituito “amare”. L’aspetto più evidente dei prodotti di consumo e in particolare dei dispositivi elettronici e delle loro applicazioni è che sono progettati per essere immensamente piacevoli.
Questa, in effetti, è proprio la definizione di prodotto di consumo, al contrario del prodotto che si limita a essere se stesso, senza che i suoi fabbricanti vogliano farvelo piacere a tutti i costi: penso per esempio ai motori dei jet, alle attrezzature da laboratorio, all’arte e alla letteratura serie.
Ma se considerate tutto questo da un punto di vista umano, e immaginate una persona caratterizzata da un disperato bisogno di piacere, cosa vedete? Vedete una persona non equilibrata, priva di integrità.
Nei casi più patologici vedete un narcisista: una persona che non sopporta di non piacere a qualcuno perché ciò appannerebbe la propria immagine di sé, e quindi evita ogni contatto umano, oppure fa di tutto per piacere agli altri sacrificando la propria integrità.
Tuttavia, se dedicate la vostra esistenza al tentativo di piacere agli altri, e assumete un’immagine il più possibile accattivante per riuscirci, forse è perché non credete di poter essere amati come siete davvero. E se riuscite a piacere agli altri solo raggirandoli, sarà difficile che poi non proviate un certo disprezzo per quelli che ci sono cascati. Costoro esistono per farvi star bene con voi stessi, ma quel senso di benessere sarà davvero affidabile, se vi è fornito da gente che non rispettate?
Potreste finire per deprimervi, per darvi all’alcol…
I prodotti tecnologici di consumo non farebbero mai nulla di così sgradevole, naturalmente, perché non sono persone.
Eppure sono grandi alleati del narcisismo, lo nutrono e lo sostengono.
La loro intrinseca ansia di piacere convive con un’intrinseca ansia di farci fare bella figura.
La nostra vita sembra più interessante quando è filtrata attraverso l’interfaccia sexy di Facebook.
Siamo i protagonisti del nostro film, ci fotografiamo senza sosta, ci basta un clic perché una macchina confermi il nostro senso di superiorità. E poiché la nostra tecnologia non è altro che un’estensione di noi stessi, non siamo costretti a disprezzarla perché si lascia raggirare, come invece succede con le persone vere.
E’ un unico, grande circolo vizioso.
Lo specchio ci piace e noi piacciamo allo specchio. Diventare amico di una persona su Facebook significa semplicemente includerla nella nostra personale sala degli specchi adulatori.
Forse sto un po’ esagerando… Il mio intento qui è soprattutto contrapporre le tendenze narcisistiche della tecnologia al problema dell’amore reale.
La mia amica Alice Sebold parla di “sporcarsi le mani amando qualcuno”. Si riferisce al fango che inevitabilmente l’amore schizza sullo specchio della nostra vanità. Il fatto è che il desiderio di piacere a tutti i costi è incompatibile con un rapporto sentimentale. Prima o poi, per esempio, vi ritroverete coinvolti in un orribile litigio, e vi usciranno di bocca cose che non vi piaceranno affatto, che distruggeranno la vostra immagine di persona buona, gentile, rilassata, attraente, equilibrata, divertente, piacevole.
Emergerà un lato più autentico di voi stessi, e d’un tratto sarete catapultati nella vita vera.
D’un tratto vi troverete a dover compiere una scelta vera: vi dovrete fare la domanda: amo questa persona? E questa persona mi ama? Il vero io di un individuo non potrà mai piacervi da cima a fondo. Ecco perché un mondo fatto di cose che ci piacciono è sostanzialmente una menzogna.
Però è senz’altro possibile amare da cima a fondo il vero io di un individuo. Ed ecco perché l’amore rappresenta una minaccia esistenziale per l’ordine tecno-consumista: perché smaschera la menzogna…
L’amore è fatto di smisurata empatia, un sentimento che nasce dall’intima scoperta che un’altra persona è reale quanto voi. Ed è per questo che l’amore, per come lo vedo io, è sempre specifico.
Impegnarsi ad amare tutta l’umanità può essere un’impresa lodevole, eppure, stranamente, l’attenzione rimane puntata sull’io, sul benessere morale o spirituale dell’io. Mentre per amare una persona specifica, e per identificarvi con le sue lotte e le sue gioie come se fossero le vostre, dovrete sacrificare una parte del vostro io…
Il rischio, naturalmente è il rifiuto. Tutti possiamo sopportare di non piacere a qualcuno, di tanto in tanto, dal momento che la riserva di ammiratori potenziali è infinita. Ma mettere a nudo il nostro intero io, non solo la superficie piacevole, e vederselo rifiutare può essere catastroficamente doloroso. E’ la prospettiva del dolore in generale – il dolore della perdita, della separazione, della morte – che ci spinge a evitare l’amore e rimanere al sicuro con le cose che ci piacciono…
Questo è forse il messaggio principale che vorrei trasmettervi: il dolore fa male, ma non uccide. Se pensate all’alternativa, un sogno anestetizzato di autosufficienza favorito dalla tecnologia, il dolore vi apparirà come il naturale risultato e il naturale indicatore del fatto di essere vivi in un mondo che oppone resistenza. Trascorrere una vita intera senza dolore significa non aver mai realmente vissuto…
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