Omofobia: rifiuto e discriminazione sociale

Già nelle prima fasi di vita, molto prima della scoperta della propria identità sessuale, la famiglia e l’ambiente trasmettono al bambino delle convinzioni di base riguardo ai generi, e cioè all’essere maschio o femmina, convinzioni che vengono naturalmente assimilate e interiorizzate dal bambino.
Il bambino viene allevato ed educato dalla famiglia e dalla scuola secondo la prospettiva di ciò che dovrà diventare e, nella nostra cultura, la prospettiva sessuale è sempre etero e non sono ammessi disturbi sessuali.

Nella nostra società i ruoli e i comportamenti maschili e femminili sono rigidamente definiti a ogni età: la conformità è apprezzata, la diversità è guardata con sospetto, in particolare l’atipicità sessuale è considerata con disprezzo e di solito provoca derisione ed umiliazioni.

I bambini omosessuali di 4, 5 , 6 anni che hanno comportamenti non corrispondenti a ciò che è considerato tipicamente maschile si sentono estranei, diversi. In seguito questa precoce percezione di sé può portare nella tarda infanzia all’isolamento e a un’eccessiva riservatezza.

L’adolescenza è per tutti un tempo, un’età, caratterizzata dall’ansia, ansia causata dal bisogno di staccarsi dai genitori, dalla necessità di essere accolti ed accettati dai coetanei che diventano sempre più importanti, ed infine dalla pressione degli impulsi sessuali che acquistano un nuovo e diverso potere, molto spesso fonte di paura.

Per l’adolescente omosessuale questo periodo dello sviluppo è ancora più angoscioso, la vergogna e il senso di colpa provati per l’intensità degli impulsi sessuali sono aggravati dalla scoperta che i suoi impulsi e le sue sensazioni sessuali sono diversi da quelli provati dai suoi coetanei ed approvati in famiglia.

Inoltre la sua autostima spesso già colpita da più o meno larvate forme di rifiuto, dalla percezione di sé come “diverso” e dall’interiorizzazione dei pregiudizi sociali, lo portano a nascondere e vergognarsi della propria sessualità.
E’ evidente come la costituzione di un’immagine positiva di sé diventi un processo lungo, faticoso e doloroso.

Il bisogno di essere accettato dai coetanei e l’omofobia interiorizzata, spingono l’adolescente gay a reprimere o negare la propria sessualità per molto tempo, in altre parole riconoscere e accettare di essere omosessuale è quasi sempre fonte di grande sofferenza.

Coming-out

Una volta riconosciuto il proprio orientamento sessuale il giovane gay si trova di fronte al problema del coming-out, il problema cioè di comunicarlo agli altri.
In questo processo è fondamentale lo stabilirsi di rapporti d’amicizia con altri omosessuali e il coinvolgimento in ambiti sociali gay.
Le relazioni con altri omosessuali che siano d’amicizia o sessuali o affettive, sono di grande aiuto per superare il senso di diversità e la sofferenza causate dalle esperienze di rifiuto e d’isolamento dell’infanzia e della prima adolescenza.

Il confronto con altri gay inoltre favorisce la formazione di un’immagine positiva di sé, indispensabile allo sviluppo di un’adeguata autostima e di una sana vita sessuale e affettiva.
Tuttavia “uscire allo scoperto” è quasi sempre un cammino irto di difficoltà, disseminato di paure, vergogna ed obiettivi ostacoli sociali, quali per esempio quelli presenti in diversi ambienti di lavoro.
Una psicoterapia rende molto più facile e meno doloroso affrontare questi problemi che ogni ragazzo/a gay non può evitare d’incontrare.



Psicologa Psicoterapeuta Milano

Dott.ssa Daniela Grazioli

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